Presi il libro, alcuni anni fa, attratto molto dal titolo senza sapere a cosa andassi incontro e senza conoscerne l’autrice.
“Processo a Jim Morrison” è una breve raccolta di testi teatrali (uno, “Ilaria Vuole” è più un monologo, se vogliamo dirla tutta). Due atti unici di Serena Maffia, una piacevole lettura che spero di vedere messa in scena prima o poi.
Si apre con “Processo a Jim Morrison”, atto unico che dà il titolo e qui, più che un processo vero&proprio abbiamo un surreale dialogo tra due “resuscitati per l’occasione”: James Douglas Morrison e Pamela Courson che ripercorrono, nella casa dove sarebbe poi morto Jim Morrison, gli ultimi mesi di vita della Rock Star, il suo cosiddetto periodo parigino in una stanza di Rue de Breteulle.
Serena non ci mostra l’iconico Jim Morrison, il magro capellone delle foto a braccia aperte in pantaloni di cuoio ma lo sciamano barbone in maglione con scollo a V. Non il Dionisio del Rock che ci saremmo aspettati, di quello si è ampiamente parlato e si è idolatrato parecchio, quello di cui si parla davvero sempre poco è il Jim Morrison Poeta, animo tormentato. Un uomo tormentato anche nel suo rapporto con Pamela.
Dicevamo, non è proprio un “processo” piuttosto è un dialogo tra due anime tormentate, un’analisi che sintetizza bene l’Icona Rock che è stato, e continua a essere Jim Morrison a più di 50 anni dalla morte.
Senza nascondere il lato selvaggio, la testa di cazzo che Jim Morrison sapeva essere quando beveva. Anzi, ci viene mostrato quanto potesse essere selvaggio senza renderlo un tamarro o giustificarlo.
Serena ricorda quel che molti dimenticano, ed è una cosa che ho apprezzato parecchio, ossia che Jim Morrison si è trovato catapultato nel mondo della musica quasi per sbaglio, per lui era solo un posto di passaggio. In sintesi, un poeta arrivato alla musica per caso e alla morte rincoglionito e tutto questo con una ragazza, quella notte, messa male dalla droga, peggio di lui.
Serena, in questo breve dialogo proprio per questo relega i Doors a una semplice citazione che, se non fosse stata necessaria ne avrebbe fatto tranquillamente a meno, concentrandosi poco sulla rock star testa di cazzo e molto sul poeta fragile&ribelle che in fondo Jim era. Qui, il finto pompino fatto alla chitarra di Krieger non ci interessa affatto. Serena ci fa capire che se Jim fosse sopravvissuto, LA Woman sarebbe stato comunque il suo ultimo albo con loro: così ultimo che scappò a Parigi senza sentirlo finito.
Ci parla del suo rapporto con gli eccessi, di come odiasse Pam quando si rincoglionisse con l’eroina, di come lei lo odiasse da ubriaco. Pam e Jim sono due personalità simili vissute in maniera diversa, due pescatori, uno saggio e uno pionieristico e questo li fa tormentarsi. Non dimentichiamo il rapporto, fino i 22 tormentato e poi assente, con gli ingombranti genitori. E per loro di un ingombrante figlio, una volta morto si preoccupano di cambiarne la lapide perché piena di messaggi da parte dei fan.
Questo lato di Jim Morrison è stato colto benissimo da Serena, è proprio il Jim che ti aspetti di vedere, il poeta pionieristico tanto ribelle quanto contradittorio, il pazzo che tormenta Pam proprio perché l’ama e tutto questo senza cadere mai nella pesantezza. L’opera si legge bene e scivola, come il buon whiskey nella gola di Jim.
Ammetto mi piacerebbe vederla dal vivo, soprattutto quando Pam “sparisce di scena” per descrivere il “Jim Avvoltoio” che si presenta a casa di un’amante, la moglie del manager, lo stesso pomeriggio in cui i due decidono di divorziare.
Per un attimo, oltre le varie battute di martello abbiamo una specie di processo. Ovvero, Pam che battendo il martello incalza Jim con alcune domande ed è l’unica “sentenza” che ci troviamo davanti. Jim risponde, è innocente: non si definisce un drogato e un esaltato. Ma un tipo che crede nel senso profondo di ogni cosa.
Jim, da buon immaturo, scappa dalle definizioni.
Ricordiamolo: Jim Morrison muore il 3 luglio 1971 a Parigi, ed ecco che Serena ci mostra tutti i dubbi riguardo la sua morte. A Parigi, era scappato anche dalle sue responsabilità: voleva smettere di bere e vivere di Poesia, una sorta di vita idealizzata: Jim il Poeta e Pam la Musa.
Alla fine, viene il tragico però. Nonostante Jim, o il suo spirito siano qui con noi, i suoi ultimi momenti restano un mistero che ci permette ancora di credere alle leggende. Serena con semplicità ci restituisce la drammaticità dell’ultima notte di Jim quando tutto finisce. Con la sua voce gelida e Pam che proprio non ce la fa a stargli vicino. Citando una poesia di Jim va via, lasciandolo morto nella vasca.
Dissolvenza in Nero…
E poi… poi arriva il “Secondo atto unico” dell’opera, dal titolo “Ilaria Vuole”. È un monologo, molto più breve rispetto quello di Jim.
In una cucina semplice, una ragazza in abbigliamento casalingo piange un uomo che non c’è più. È una romantica sognatrice, o ce lo fa credere, che lamenta il dolore per aver sprecato il suo amore, è stata una donna che cercava l’amore in uomo che l’ha ferita, sedotta ed abbandonata. Ma la fine di un amore è un qualcosa che ci fa aprire gli occhi, e ci mette in condizioni di porci nuove domande per aiutarci a crescere.
Qui Serena ci mostra Ilaria, una ragazza che si aggrappa alla vita chiedendosi perché il dolore faccia male, parlandoci d’amore ed incertezza, del vuoto che una persona amata lascia andando via, lei che ora vede cattiva.
Ilaria è una ragazza fragile che cercava in un lui delle certezze che non poteva affatto darle, se non del buon sesso, a lei che lo amava follemente. Una ragazza che adesso ritorna alla realtà rivedendo in se stessa la bellezza che l’amore le dava, arrabbiata si getta nell’alcool. Cercando comunque un appiglio alla vita, per rinascere in un periodo difficile. A salvarci arriva l’ironia, che si dimostra lla base di tutto. Perché ti sei innamorata di lui? Perché aveva il membro grande…
Ma forse per non venir meno all’ironia, ci si dovrebbe domandare cosa ti aspetti da un rapporto del genere. Che il tizio resti con te a orgasmo raggiunto?
Ma Ilaria non si lascia fare altre domande e va via. Dissolvenza in nero.
In Sintesi, questo libro è stato una lettura piacevole, seppur breve. Serena è molto diretta, non ha fronzoli e dice quel che vuole dire direttamente. Sarebbe anche piacevole vederli messi in scena, anche se ne uscirebbero due brevi rappresentazioni. Comunque, consigliato
